CRISI MAR ROSSO: DALLA MARINA ITALIANA IL SISTEMA PER LA DIFESA DI NAVI E TRAFFICI
Analisi del Centro Giuseppe Bono: in crisi i trasporti di gas per l’Europa. Rischi Internet e cyber security
Si chiama VRMTC “Virtual Regional Maritime Traffic Control”, lo strumento in più che la Marina Militare Italiana sta mettendo in campo rendendolo disponibile alle Marine alleate per tutelare la libertà della navigazione nel Mar Rosso e mettere le navi mercantili al sicuro dagli attacchi dei ribelli Houtsi. È quanto emerge da un’analisi condotta dal Centro Studi Giuseppe Bono - Seacs, sull’evoluzione della situazione dal Corno d’Africa sino a Suez; analisi che prende in considerazione sia gli equilibri e gli squilibri che si stanno generando nei differenti Paesi dell’area “calda”, sia i possibili rischi indotti, in termini di cyber security, trasmissione di dati e pirateria.
“Lo studio – sottolinea l’Ammiraglio Sergio Biraghi, vicepresidente del Centro Giuseppe Bono, già Capo di Stato maggiore della Marina militare italiana – è finalizzato a offrire, specie a chi è chiamato a operare nell’area del Mar Rosso (12% del traffico marittimo mondiale, pari a oltre 11 miliardi di tonnellate di merci trasportate con un valore stimato di oltre 14 trilioni di dollari), un quadro d’insieme che consenta di assumere le decisioni più efficaci nei momenti più opportuni”.
Il VRMTC è costituito da una rete virtuale che collega le centrali operative delle Marine aderenti all'iniziativa. Su questa rete, che sfrutta le capacità di connessione offerte da internet, viaggiano le informazioni non classificate relative al traffico mercantile composto da unità superiori o pari a 300 tonnellate. Le informazioni, inviate secondo un formato (MERSIT) sviluppato dalla nostra Marina Militare, sono raccolte da un HUB ubicato presso il Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) che le rende disponibili a tutti i partecipanti.
Lo studio evidenzia anche il moltiplicarsi di fake news sulla presenza di navi battenti bandiera americana (non ne esistono sulle rotte internazionali) o israeliana (il porto di Eilat è poco più di un pontile dedicato a petroliere di basso tonnellaggio), mentre pochi parlano del totale blackout delle navi gasiere del Kuwait insufficienti per i rifornimenti all’Europa se utilizzano la rotta della circumnavigazione africana. Il problema reale, drammatico, è che il mercato non dispone di un sufficiente numero di metaniere per soddisfare la domanda occidentale e quella asiatica, situazione che ha già portato all’esplosione dei noli; 15 o più giorni di navigazione (18 nel caso dell’Italia) significa una drammatica riduzione dei viaggi/nave disponibili, e quello dei noli, che già è divenuto un fattore determinante del costo energetico, potrebbe ulteriormente aggravare la situazione (che non è per il momento allarmate sul fronte dei prezzi del gas, con gli operatori di mercato europei che non sembrano credere in una ripresa dei traffici): nell’ultimo mese il prezzo del gas al TTF di Amsterdam ha continuato a scendere, da circa 40 a 28 €/MWh, allontanandosi ulteriormente dalla media annuale di 130 €/MWh raggiunta nel 2022, in piena crisi energetica.
Ma sulla crisi del Mar Rosso incombono altri pericoli: sempre secondo l’analisi resa disponibile in questi giorni dal Centro Giuseppe Bono-Seacs i maggiori rischi arrivano da:
1) Attacchi informatici
Gli attacchi informatici ai sistemi di tecnologia operativa (OT) del settore marittimo sono aumentati del 900% negli ultimi anni e il numero di incidenti segnalati raggiunge nuovi picchi ogni anno, pur trattandosi di fenomeni che le stesse “vittime” tendono a minimizzare e nascondere.
Nel 2017 sono stati segnalati 50 hack OT significativi, che sono aumentati a 120 nel 2018, a più di 310 nel 2019, con oltre 500 gravi violazioni della sicurezza informatica nel 2020. Negli ultimi 3 anni è addirittura più difficile computare il numero di attacchi a causa delle mancate segnalazioni, per le conseguenze commerciali e finanziarie delle stesse “vittime” o bersagli. Anche il caso della portacontainer Ever Given, arenatasi nel Canale di Suez sarebbe ancora under investigation.
2) Internet
Sempre in merito a la non casualità, già a dicembre, il canale Telegram della milizia Houthi aveva pubblicato una mappa delle reti via cavo per le comunicazioni marine nel Mar Mediterraneo, nel Mar Rosso, nel Mar Arabico e nel Golfo Persico, e l’ha accompagnata con la frase: “Ci sono mappe di cavi internazionali che collegano tutte le regioni del mondo attraverso il mare. Sembra che lo Yemen sia in una posizione strategica, poiché le linee Internet che passano vicino a esso collegano interi continenti, non solo Paesi”.
3) Mine
Quarant’anni orsono, poco più a nord, ma cambia poco, il Mar Rosso e il canale di Suez furono lo scenario dell’operazione Red Sea Demining, una missione marittima internazionale svolta tra la fine di agosto e la fine di ottobre 1984 che vide impegnate La US Navy, la Royal Navy, la Marine Nationale, la Marina Militare e la Marina egiziana in operazioni di sminamento e bonifica degli spazi marittimi. E il rischio che una situazione analoga si riproponga sarebbe altissimo
4) Pirateria
Risulta fondata la tesi di varie agenzie specializzate che la crisi del Mar Rosso sia oggi diretta responsabile dell’aumento della pirateria somala con un incremento in termini di attacchi alle navi rispetto al decennio precedente, ampliandole anche oltre il Golfo di Aden, quali conseguenze dirette della crisi nel Mar Rosso, che obbligheranno a un maggior dispiegamento di forze navali per il suo contrasto. Nel rapporto EUNAVFOR pubblicato lo scorso 11 gennaio 2024 si dà notizia del primo dirottamento – dal 2017 ad oggi – riuscito nel golfo di Aden: attacco, cattura e dirottamento registrati il 14 dicembre in un’area situata a circa 700 miglia nautiche a est di Bosaso in Somalia con l’abbordaggio della portarinfuse Handimax.